Da quell’austera vergine ad un tratto
Rapire Esperio e sollevar si sente,
E qual rapida fionda a girar tratto
Da un braccio adamantino, onnipossente;
Igneo, leggero e quasi aereo fatto
Ei turbina vertiginosamente,
E d’una striscia luminosa, intensa
Solca i misteri della notte immensa.
Gira ei ratto così, finchè di fronte
Gli si accampa un fantasma all’aure vane,
Che torvo, immoto, come piceo monte,
Tenebre erutta e voci orrende e strane;
Corrono al cenno suo tre Furie pronte
Con chiome di serpenti e facce insane,
E a lui che splende vorticoso in alto
Muovon ghignando inopinato assalto.
Ei precipita allor sotto ai funesti
Flagelli e d’improvvisa ombra si ammanta,
Qual vediamo talor giù dai celesti
Domi la scheggia d’una stella infranta:
La segue il prigionier con occhi mesti,
Pensa a una cara vecchiarella, e canta;
Spegnersi una pensosa alma la vede,
E invan sospira alla perduta fede.