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Canto nono | 205 |
Soffiò l’un dentro i corpi esausti e vani,
E di vento li empì, d’anima invece,
Sì che beati, non pur belli e sani,
A sè stessi ed altrui creder li fece;
Li attirò l’altra co’ suoi sguardi strani,
Li ninnò, li spalmò della sua pece,
Tal che s’anco mutar volesser tempre,
Con lei congiunti resterebber sempre.
Li culla essa leggendo in suon sommesso
Fiabe da balia, isterici bozzetti,
Manuali di clinica, che adesso
Romanzi psicologici son detti,
Monografie da tapezzarne il cesso,
Drammi da far venir freddo ai sorbetti,
Alcaiche strofe stupide e polite
Dalla fucina bolognese uscite.
Il tepor lene, la fragranza grave,
Che l’aria molle e sonnolenta impregna,
La strana orchestra delle genti ignave,
Ch’ogni suon vince e inesorabil regna,
Entro al sangue del Giovine un soave
Oblio spargean d’ogn’alta cosa e degna,
Un contagio spargean fumido e lento,
Che il pensiero gli annebbia e il sentimento.
14. — Rapisardi, Atlantide.