O Giustizia, ei pensò, dunque a’ più rei
Petti ed all’opre più maligne arridi?
Dunque, fuor che una druda, altro non sei, 116Che lusinghi e tradisci i tuoi più fidi?
Anzi le grazie tue concedi a quei
Che più t’insulta, e chi t’adora uccidi?
E dal letto del vile a cui ti vendi, 120Con tardi onori i generosi offendi?
Ah, non verrai tu più dunque, o sognata
Dall’ingenuo mio core alba di Pace,
E in notte immensa, d’ogni raggio orbata, 124Mieterà vite umane un dio pugnace?
Dunque indarno per te l’innamorata
Anima ho speso, o Libertà fallace?
Dunque a questo mortal, misero gregge 128Sarà sempre la forza unica legge?
Così nel dubbio, come giovin suole,
Gela costui che ardea già nella fede;
Quel che prima voleva, ora disvuole, 132E nel voler, nel disvolere eccede;
Papavero ch’or ora ergeasi al sole
Piega così del mietitore al piede;
Anemone così guasto e disfatto 136Cade al flagel della gragnuola a un tratto.