Ma su tutti infelici, ove da molli
Ozj o da bieche immagini sedotti,
Credano ombre vane e sogni folli
Le Idee che l’hanno a questo mar condotti!
Schivi d’ogni alto oprar, d’oro satolli,
Di tedio stanchi e di dormir sol ghiotti,
Marciranno laggiù torpidi e crassi,
Corpi che fûr già stelle e poi son sassi.
Laggiù, vedi? un’eguale, ampia campagna
Di viscide, carnose erbe verdeggia:
Là, sopra un lago che dormendo stagna,
L’Ozio e l’Accidia in sorte ebber la reggia;
L’onda che la negghiente isola bagna
Mormora sonnecchiosa e la careggia;
In una calma senza mutamento
Pende il ciel nebuloso e tace il vento.
Una perpetua primavera, un mite
Aere che non mai gela o s’accende,
La privilegia sì, che alle fiorite
Piante sempre maturo il frutto pende:
Umili piante come tetto unite,
Ed in loro umiltà nove e stupende,
Che statura hanno eguale, egual sembianza
Ed in simili frutti egual sostanza.