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Canto nono 199


Ma su tutti infelici, ove da molli
     Ozj o da bieche immagini sedotti,
     Credano ombre vane e sogni folli
     Le Idee che l’hanno a questo mar condotti!
     Schivi d’ogni alto oprar, d’oro satolli,
     Di tedio stanchi e di dormir sol ghiotti,
     Marciranno laggiù torpidi e crassi,
     Corpi che fûr già stelle e poi son sassi.

Laggiù, vedi? un’eguale, ampia campagna
     Di viscide, carnose erbe verdeggia:
     Là, sopra un lago che dormendo stagna,
     L’Ozio e l’Accidia in sorte ebber la reggia;
     L’onda che la negghiente isola bagna
     Mormora sonnecchiosa e la careggia;
     In una calma senza mutamento
     Pende il ciel nebuloso e tace il vento.

Una perpetua primavera, un mite
     Aere che non mai gela o s’accende,
     La privilegia sì, che alle fiorite
     Piante sempre maturo il frutto pende:
     Umili piante come tetto unite,
     Ed in loro umiltà nove e stupende,
     Che statura hanno eguale, egual sembianza
     Ed in simili frutti egual sostanza.