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Canto nono 195


Io devo a te, se alfin libero e scosso
     Da' piedi il fango dell’età bugiarda,
     Forte del tuo favor volgere or posso
     Teco a quel regno a cui giunger mi tarda.
     A te palpita e s’apre il cor commosso,
     Te velato di pianto il ciglio guarda,
     Te che trasfigurata e di più chiari
     Raggi or vestita e più che donna appari.

Tal da’ grigj vapori, onde turbato
     È l’orizzonte al mar trepido in fondo,
     Liberando la luna il disco aurato,
     Nitida sorge e ingentilisce il mondo:
     Dal glǎuco del cielo arco gemmato
     Cala dei Sogni il popolo giocondo,
     E su’ flutti di liquidi diamanti
     Balsami versa, e danze intreccia e canti.

Ben di sogni tu parli, Edea rispose,
     E in vaghi sogni il tuo pensier s’immerge,
     Su questo mar, tra queste aure odorose
     Ove d’ogni bruttura il cor si terge.
     Una fragranza languida di rose
     Su da le spume susurranti emerge;
     Propagando si va per le vivaci
     Bocche dell’onde un’armonia di baci.