Con liete ciglia allora al giovin vòlta:
È questo, disse Edea, l’ultimo segno,
A cui la borghesia di senno tolta
Spinga il ventóso e tracotante ingegno;
Qui della sua scienza ibrida e stolta
E d’ogni vizio suo finisce il regno;
Onde possiam, come tu certo agogni,
Correre finalmente il Mar dei Sogni.
Qual da un incubo immane all’improvviso
Sussultando, anelando uom si ridesta,
E tra’ biechi fantasmi e il ver diviso
Buona pezza in fra due trepido resta;
Tal Esperio diviene al caro avviso,
A cui molta da pria fede non presta,
Finchè, scesi dal monte, al limitare
Vengon del lido, e prendon lesti il mare.
Tratto allora un sospir dalle profonde
Visceri Esperio, e col pensier solerte
Datosi tutto a spaziar su l’onde
Con tutte l’ali della brama aperte:
O pietosa, esclamò, che m’hai le immonde
Piaghe dell’età rea tutte scoverte,
E sotto agli occhi miei col ferro alterno
L’hai tentate or del riso or dello scherno;