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194 Atlandide


Con liete ciglia allora al giovin vòlta:
     È questo, disse Edea, l’ultimo segno,
     A cui la borghesia di senno tolta
     Spinga il ventóso e tracotante ingegno;
     Qui della sua scienza ibrida e stolta
     E d’ogni vizio suo finisce il regno;
     Onde possiam, come tu certo agogni,
     Correre finalmente il Mar dei Sogni.

Qual da un incubo immane all’improvviso
     Sussultando, anelando uom si ridesta,
     E tra’ biechi fantasmi e il ver diviso
     Buona pezza in fra due trepido resta;
     Tal Esperio diviene al caro avviso,
     A cui molta da pria fede non presta,
     Finchè, scesi dal monte, al limitare
     Vengon del lido, e prendon lesti il mare.

Tratto allora un sospir dalle profonde
     Visceri Esperio, e col pensier solerte
     Datosi tutto a spaziar su l’onde
     Con tutte l’ali della brama aperte:
     O pietosa, esclamò, che m’hai le immonde
     Piaghe dell’età rea tutte scoverte,
     E sotto agli occhi miei col ferro alterno
     L’hai tentate or del riso or dello scherno;