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Canto nono 193


Di questa crema in cui mi vedi immerso,
     Scrutando or vo gli abitatori industri,
     E alle genti aprirò nuovo universo
     Ed insolite stirpi e fatti illustri;
     A pro dell’uomo io mezzi gli occhi ho perso;
     Consumato al suo bene ho i mesi e i lustri;
     A questa età calamitosa e guasta
     Gloria eterna procaccio, e ancor non basta?

O palombaro nobile e grifagno,
     Edea soggiunse, o Galileo dei bachi,
     Così ti giovi ognor codesto bagno,
     E il suo vapor t’esalti e t’ubbriachi,
     Deh permetti, in favor, che il mio compagno,
     A gloria tua, dinanzi a te si sbrachi,
     E al genio tuo, perchè più alto sorga,
     Materia acconcia a nuovi studj porga!

Alla supplica amena, in riso tale
     Scoppiar gli alunni macilenti e tristi,
     Che, non solita cosa in quelle sale,
     Dal rider tanto lacrimar fûr visti;
     Tu, famoso Linceo, fatto di sale,
     Due volte e tre la sconcia bocca apristi,
     Ma gorgogliante dalla rabbia il detto
     Ti restò nella strozza a tuo dispetto.