Per le vie, per le piazze e le baracche
Empion di te la bocca i ciarlatani,
A cui le ciurme ipnotiche e bislacche
Con crescente favor batton le mani;
Inventapanacee, speculacacche,
Scavitolabacilli e sbuzzacani,
Scimmie, ch’aria d’apostoli si danno,
Tutti del nome tuo frasca si fanno.
Ma mentre io parlo a’ mani tuoi, che certo
Devon di tali obbrobrj esser frementi,
I Pellegrini miei lascian l’aperto,
E vanno ad ammirar nuovi portenti;
Entrano in un androne umido, incerto,
Che di latrati echeggia e di lamenti,
E con la nausea che lor monta a gola
Di Linceo vanno a visitar la scuola.
Scuola e cattedra inver questa è chiamata,
Ma un tinello è piuttosto, anzi una stalla,
Da la soffitta bassa e affumicata,
Dal suol che qui s’ammonta e là si avvalla;
V’è da un lato una tavola, grommata
D’una materia piaccicosa e gialla;
Una lignea tinozza evvi nel centro
Di sterco piena, e il professor v’è dentro.