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Canto ottavo | 173 |
Già di boschi solenni e di selvette
Ospitali, di pingui orti e di prati
Sì scure la montagna ebbe le vette
Come d’aprico verde i fianchi ornati;
Quivi Sofia secura in campo stette
Contro gli errori a debellarla armati;
E di puro costume e d’ardua fede
E d’eroica fermezza esempio diede.
Al sacro monte, all’isola felice
D’ogni dove accorrean gli animi austeri,
E dal labbro dell’alta educatrice
Perigliosi apprendeano utili veri,
Che sparsi poi nel secolo infelice
Fiamma accendean di liberi pensieri,
Al cui lume cadean pallidi e spenti
Gl’idoli che usurpate avean le menti.
Ora, non so per quale ira celeste,
Squallida e nuda la montagna è fatta,
E un furor di tremuoti e di tempeste
Le visceri ne introna e il ciel ne imbratta;
L’abita in lignee case, in varia veste
Un’irsuta, ciarliera, avida schiatta,
Che al volto e agli usi esser potrebbe affine
Alle accolte in tribù scimmie abissine.
12. — Rapisardi, Atlantide.