Con che arti potrei, folle, con quali
Penne toccar le gloriose cime,
Se l’industrie son tue, se tue son l’ali,
Onde sorge anche il verme al ciel sublime?
Per te fama e possanza hanno i mortali;
Per te pregio il saper, vanto le rime;
Solo per te l’industrioso coro
Degli apostoli tuoi sguazza nell’oro.
Tu dall’altar con mistica parola
Cieli ed inferni all’uman gregge assegni;
La barbogia Sofia tu dalla scuola
Cacci e vie più lucrose apri agl’ingegni;
Tu con fragor di torbida gragnuola
Il Foro invadi e a vender tutto insegni;
Tu dei morbi la pallida coorte
Debelli, e presto domerai la Morte.
Sì, domerai: d’avide lenti armata,
Com’altri suol ne’ ceruli splendori,
Tu ne’ marcidi corpi inesorata
L’iridi affondi e strani esseri esplori:
Ecco, una turba immensa, innominata
Tutti popola e infesta i nostri umori,
E ne’ visceri stessi, ond’è nutrita,
Congiura ingrata a disgregar la vita.