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164 Atlandide


Tanti prodigi non oprò Morgante
     Menando in giro il celebrato arnese,
     Quanti Esperio fra questa orda arrogante
     Abitatrice del cornin paese;
     Ne picchiò, ne impiagò, ne domò tante
     In mista pugna e in singolari imprese,
     Tanto alla prova il nerbo suo s’accrebbe,
     Che serve in poco e tributarie l’ebbe.

Ristette alfine il valoroso; ed ecco
     Le vinte donne gli fan ressa immensa,
     E chi ’l prega che metta in molle il becco,
     Chi gli offre in sua magione ospizio e mensa;
     Chi gli palpeggia il poderoso stecco,
     E laudi e baci al possessor dispensa;
     Tutte pensano alfine al tempio trarlo
     Per avere il piacer d’incoronarlo.

Ma ei con umiltà: Serbate a quanti
     Ne son di me più degni i vostri allori;
     Abbian l’aureola gloriosa i santi
     E la corona d’òr gl’imperatori:
     Io che finora, e son già un pezzo avanti,
     Scevro il capo recai dei vostri onori,
     Ambizioso non sono, e con licenza
     Vostra sia detto, posso farne senza.