Di sdegno ardenti al mio solerte avviso
S’aggruppâr tutte a’ fianchi miei le amiche,
E prorompendo in fremito improvviso
Meco intendon durar rischj e fatiche.
Il tumulto non odi? Orride il viso,
Con riverenza, a Dio squadran le fiche,
Di far giurando in quelle anime ingrate
Quel che fecer le donne al tracio vate.
Udendo Edea così suonare a nona,
Nè volendo aspettar vespro e compieta,
Ogni via, pensa, ad evitare è buona
Risse cui la ragione affrontar vieta;
Si restringe però nella persona,
E più di lui che di sè stessa inqueta,
Ad Esperio, che gli occhi avea sovr’essa,
Ammicca, e in parte il trae fuor della ressa.
E, amico, dice, il qui restar più oltre
Non saprei consigliarti, un’ora sola:
Con costoro lottar sotto la coltre
Potrebbe a un qualche mascalzon far gola;
Ma chi nel brago sensual non poltre
E alacre in seno all’Ideal sen vola,
Non dee, se un dio non l’ha di senno tolto,
Restar fra liti femminili avvolto.