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156 Atlandide


Non di tante ventose arma le branche
     Per serrar preda o scoglio un polpo immane,
     Quante seduzioni ebber le bianche
     Membra di lei, nè riuscîr mai vane;
     Or le cascano sfatte e mamme ed anche,
     Non però l’arte sua qui si rimane;
     Anzi, quanto l’età più varca il segno,
     Tanto più l’arte affina, arma l’ingegno.

Tempo già fu, che alla freddosa notte
     Stuol d’amanti al suo duro uscio gemea,
     E per un guardo sol delle sue dotte
     Grazie il sangue e l’onore altri spendea;
     In amplessi volgari, in empie lotte,
     Desiderata più quanto più rea,
     S’avvolse poscia, e da sue furie ossessa
     Mutò il talamo in piazza, in via sè stessa.

Ma se faccia di fola e di menzogna.
     Quando insolito è troppo, usurpa il vero,
     Meglio mi sembra il sigillar tal fogna,
     Sì che al mondo non n’esca il puzzo intero;
     Resti inchiodato il suo nome alla gogna,
     E smagato rimanga il tuo pensiero;
     Viva ella intanto, ed oro e infamia insacchi,
     Poi che penuria non fu mai di ciacchi.