Già selvatico ceppo, or su scolpita
Ara ghignando il crasso idol troneggia,
Che fuori dal villoso inguine addita
L’asta che smisurata il suolo ombreggia;
Una ben mutonata e inciprignita
Mandria di ciuchi al dio rubesto inneggia,
Ragliando ognor con quanto fiato ha in gola:
Arridi, o Pinco, a la novella scuola!
O Pinco dio, da quella nobil parte,
Ond’ha l’immagin tua dovizia tanta,
Pullula il saper nostro e la nostr’arte,
Come pollone da selvaggia pianta;
Deh! spargi tu sopra le nostre carte,
O Pinco dio, la tua semenza santa;
Tu con sperimentai metodo e grata
Opra l’ingegno femminil dilata!
Così dei ben forniti asini il coro
Inneggia al nume con ragliar concorde;
E a rendere efficace il canto loro
Corron le donne che non son già sorde:
Freme di desiderio ogni lor poro,
Mirando quel di cui più sono ingorde;
Ed ecco per la grotta, in ogni loco,
Sotto il ghigno del dio, principia il gioco.