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Canto sesto | 125 |
Ma siccome ei non può tra la sua schiera
Muover con armi tali agile e snello,
Ha un ajutante armato alla leggera,
Che gli serve a dar noja a questo e a quello:
Costui ch’è furbo e che vuol far carriera,
Benchè superbo sia, fa da corbello,
E pur ch’abbia alla fine un po’ d’arrosto,
Accetta le pedate anche in quel posto.
Setto ha nome costui: chè del nativo
In, che prefisso era al casato in pria,
Con astuzia meschina egli s’è privo
Per non dare a saper ciò ch’egli sia;
Ma l’opre abjette, a cui soltanto è vivo,
Accusan l’esser suo pur tuttavia,
Anzi non pure un vile insetto ei resta,
Ma il fa più vile il non aver la testa.
Insultare e schernir ciò ch’esso ignora,
Non legger gli altrui libri e dirne male,
È il mestier ch’alla buona e alla malora
Qualche reo tozzo a sgraffignar gli vale;
Ma del turpe mestier tanto si onora,
E se ne vanta con grandigia tale.
Da mostrar ben ch’egli è felice e baldo
D’essere e di parer vile e ribaldo.
9. — Rapisardi, Atlantide