Si rialzò, fasciò la ria ferita,
Prese nel mostro indegno ampia vendetta,
Ma la piaga non era anco guarita,
Che un’ambascia il travaglia e l’assaetta;
Un malore, una smania indefinita
Tutto sossopra l’animo gli getta,
E con la smania un gran furor l’assale
Di legger libri in furia e dirne male.
Ed il peggio è, che il maledetto seme
Della topino-majalesca rabbia
Tutta gli avviva e gli raccende insieme
Nel guasto sangue la sbirresca scabbia:
Ad ogni nuovo libro ulula, freme,
E par che la terzana o il tetano abbia;
Sputa foco e veleno, e con ingorde
Fauci s’avventa a chi gli è presso, e il morde.
Così, mordendo a questa e a quella parte
E inoculando impune il suo veleno,
Sparge la lue, che in scellerate carte
Indi si versa e di cui ’l mondo è pieno:
Tante non fece il sanguinoso marte
Vittime un dì sul disputato Reno,
Quant’opre insigni insudicia ed intacca
Questa di censurar rabbia vigliacca.