una morale abbietta e crudele. Maggiore stoltezza giammai fu proferita, Dal tenebroso «Thohuvabohu» della Bibbia in poi, la ipotesi della Evoluzione ci mostra un ordine meraviglioso d’infinite operazioni costanti, condotte con occulte, inflessibili norme nell’interno dei corpi gravidi di spirito, condotte con altre ferree norme sull’esterno di essi, cooperando i moti degli astri obbedienti. Ci mostra infiniti propositi, continuamente attuantisi, di una Volontà le cui vie sono diverse dalle vie degli uomini, ci mostra, invece dei sei giorni miracolosi un miracolo continuato per lunghissimi secoli in ogni atomo del pianeta, in ogni istante del tempo, e troncato al comparire dell’Uomo quando cessa l’ascensione degli organismi e incomincia la libertà dello spirito. Cieco chi si crede onorare Iddio negando l’immenso lavoro onde sorse l’Uomo e rifiutando il racconto divino per tenersi alla lettera del racconto di Mosè. Nel racconto di Dio cui la scienza va pazientemente decifrando, lettera per lettera, noi non sappiamo ancor leggere come le energie originarie delle cose si trasformassero, in un solenne istante, nella energia vitale; ma incominciamo però a divinarvi che questo dovette nel principio accadere, che l’apparir della Vita fu atto di evoluzione. Il pensiero moderno inclina a respingere il problema