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Proemio vii

al quale è bene lasciar la vernice dei secoli: coloro cui fu proposto il concetto della evoluzione spiritualista quando toccavano l’età in cui le vene e le idee cominciano a ossificarsi: coloro che hanno certa istintiva avversione per i concepimenti troppo vasti, una specie di agorafobia intellettuale: coloro che onorano bensì il Padre universale dei viventi ma provano di certe conseguenti parentele un ribrezzo che offenderebbe S. Francesco d’Assisi: coloro, finalmente, cui pare poco rilevante che l’Universo sia stato creato in un modo o in un altro. È questa diga muta e sorda che bisogna, con l’aiuto di Dio, rompere; perchè non è vero che importi poco di leggere o di non leggere la magnifica Rivelazione scritta nei graniti delle montagne e sulle ali delle farfalle, sulle acque del mare e nei rivi del sangue, nelle fiamme delle nebulose e in fondo alla pupilla umana. L’uomo che l’apprende viene a scoprire, con riverenza e stupore, inesplorati abissi del Consiglio Eterno, viene a conoscere sperimentalmente la legge amorosa e terribile che lo ha creato per esserne obbedita, per una perpetua gioia o per un perpetuo dolore. È rea la ignoranza di coloro che malamente confondono il fatto della evoluzione con le teorie sui fattori suoi, specie con la più divulgata, il darwinismo, per sostenere che dall’Evoluzione discende