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Progresso e Felicità 203

più felici?» Ebbene, poichè mi ponete la questione così, io mi permetto di osservare che, a stretto rigore, l’avete risolta nell’atto di porla. Se Voi riconoscete nell’insieme dei fatti umani il carattere di un progresso, la forza inesorabile dell’idea che questa parola esprime Vi costringe ad ammettere che vi hanno stati successivi della umanità migliori l’uno dell’altro nell’ordine stesso del tempo; che voi avete il concetto di uno stato umano idealmente buono al quale gli stati umani succedentisi nell’ordine storico sono sempre più simili; che, quindi, gli stati umani vengono sempre più acquistando del Bane, sempre più partecipando del Bene. Ora la felicità, nella sua perfezione, è il sentimento che si accompagna al pieno possesso del Bene. È dunque una necessità logica che al progresso umano corrisponda una crescente felicità. Ma voi mi ammonite di non sottilizzare vanamente sulle parole. Voi non intendete di attribuire alla parola «progresso» il senso che a stretto rigore le spetta. Voi le attribuite il senso corrente, il senso di un continuo accrescimento della scienza, di un continuo moltiplicarsi delle applicazioni pratiche di lei, che tutte hanno per fine l’utile umano, il quale pare risolversi sempre in una diminuzione di dolore o in un accrescimento di piacere. Voi affermate con ragione che questo progresso, di