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Proemio xxiii

Divino che lo spirito creato, necessario strumento di glorificazione, se fedele al compito suo, si estingua. È invece verisimile che oltre la tomba le sue facoltà di conoscere e di amare ingrandiscano, ch’egli maggiormente partecipi, in quell’ignoto stato, del sommo Vero e del sommo Bene. Le anime delle quali parlo, se giungano a così alto segno di speranza in Dio, udranno più distinta la tenera voce che dice ai dolenti «venite a me». Quanto più a fondo avranno studiato nell’Universo e nella sua storia il fine della Creazione, quanto più avranno considerato le stolte ribellioni umane alla Legge suprema, le colpe della loro stessa vita, le indegnità del loro stesso cuore, tanto più saranno tocche dalla voce di Chi ama e perdona. Le leggi dell’Evoluzione sono terribili a meditare perchè non si vede come possa avervi luogo il perdono. Nel contatto della razza in cui l’intelligenza prevale, la razza in cui prevale l’istinto decade senza rimedio e finisce con estinguersi per sempre. L’organo che non lavora si atrofizza infallibilmente. Per lo spirito libero che si sottomette agli istinti e non compie l’ufficio suo vi ha ogni ragione di temere la stessa sorte. È almeno verisimile che perda la sua libertà come la perde un popolo che ne usa male. Ciò che v’ha di più misterioso nel cuore umano è forse il moto del perdono; ma è pure il