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Proemio xvii

che l’avaro si custodisce nel forziere invece di farne improntare il buon metallo con l’impronta di chi regna nel tempo suo. Non gli può piacere che gli uomini cui spetta dirigere la Società umana, non abbiano intelletto dell’ordine ch’Egli le ha dato; non gli piace che la società civile si governi come se Dio non esistesse nè che la società ecclesiastica si governi come se i naturali ordini della società civile non fossero sacri. Non gli piace che siano eletti a governare lo Stato uomini che non onorano Lui, non gli piace che uomini di scarso intelletto e di scarso sapere sieno eletti a governare la Chiesa. Che lo spirito umano senta religiosamente la bellezza delle cose, il colore, la linea, le loro armonie e la bellezza delle anime, delle idee, dei sentimenti, della parola gli è più gradito dei Te Deum per battaglie dove migliaia di uomini furono lanciati senza preparazione nell’eternità. Per la stessa bellezza dell’Arte il Creatore dell’intelligenza vuol essere glorificato. Il genio del poeta, del compositore, dell’artista è bensì comunemente considerato un dono di Dio, ma se si ponesse mente alla durata immensa, alla complessità stupenda dell’azione Divina che lo produsse, riescirebbe più difficile di negare un fine dell’Arte coordinato, nella Divina mente, al fine della Creazione, e che, ri-


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