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120 | Ascensioni umane |
ciondosi all’oculare di un telescopio, scoprendovi di botto nello specchio, vicino, enorme, l’astro che poc’anzi si è guardato ad occhio nudo nel cielo.
Gli ultimi chiarori della sera vennero meno nel mio studio prima ch’io terminassi la lettura. Lasciai il libro, mi posi a una finestra che guarda dall’alto i piani distesi fra le Alpi e il mare. Nella emozione religiosa di quell’ora, contemplando l’oriente oscuro e profondo, ascoltando gl’infiniti susurri e bisbigli della notte, che parevano sommesse parole viventi piene dello stesso religioso senso, ho provato il mio maggiore conforto come artista, e ho pure sentito il debito di rendere testimonianza alla Verità infinita della divina sua luce. La ho resa e, se mi basteranno l’ingegno e il tempo, la renderò ancora. So che nulla potei nè mai avrei potuto trovare da me, che il soccorso primo mi è venuto da un libro, che tanti altri libri di forti pensatori mi hanno poi aiutato, che le mie convinzioni sono divise da tante persone molto più potenti di me a difenderle. Ebbene, nessun germe può dire: io non darò il mio filo d’erba, io non darò la mia testimonianza della vita perchè non sono una palma nè una rosa, perchè vivrò una sola stagione. Vi è una legge ed un debito per l’erba come per le rose e le