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l'ultimo viaggio di ulisse |
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Stato ne colga l'aborrita morte.
Anzi l'ultimo sol, di noi, del forte
Nostro lignaggio rifacciameli degni.
Rompiam gl'indugi; i frivoli ritegni
Rimoviamo oramai. Tentar ne giovi
Anche una volta il dubbio caso, e novi
Mari solcar, premere ignote arene,
Cercar genti remote; al male e al bene
Parati a un modo; alla comun salute
Devoti sempre; e di non più vedute
Meraviglie i beati occhi pascendo.
Non io per vano imaginar m'accendo.
Di là dai segni ond'ha il confin prescritto
Agli umani ardimenti Ercole invitto,
Di là da Calpe si distende un mare
Ignoto, il quale altro confìn non pare
Aver che il cielo; il cupo mar di Crono,
Che ribollendo e sibilando il prono
E focoso tranghiotte orbe del sole.
Chi potria rinarrar con le parole
Tutti i prodigi onde quel mare è pieno?
Molte quivi sbocciar dal vitreo seno,
Il qual fondo non ha, si veggon, pari
A canestre di fior nitidi e rari,