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l'ultimo viaggio di ulisse |
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Le membra egli ebbe, né sì pronto e forte
Mai l'intelletto, né fu mai la sorte
Alle sue case più benigna e al regno;
Ma sottil come tossico un disdegno
Di se stesso e d'altrui lento serpeva
Nelle vene d'Ulisse; e qual si leva
Da ree paludi accidïosa e tetra
Nebbia che infosca il sole, occupa l'etra,
Tale in Ulisse si levava il tedio
E al cor poneagli ed alla mente assedio.
Spesso, quando stridea più crudo il verno,
E i dì volgean più torbi, egli al paterno
Pio focolare, ove di quercia o d'olmo
Annoso tronco inceneria, nel colmo
Della notte sedea tacito e solo,
Guatando come trasognato il volo
Delle fulve scintille in fosca avvolte
E densa onda di fumo. Oh, quante volte,
Fuggendo ogni uom, veduto fu, nell'ora
Che il giorno manca e il ciel si trascolora,
Mirar dal ciglio di scoscesa rupe
L'arroventato sol che nelle cupe