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l'ultimo viaggio di ulisse 27

     Le membra egli ebbe, né sì pronto e forte
     Mai l'intelletto, né fu mai la sorte
     Alle sue case più benigna e al regno;
     Ma sottil come tossico un disdegno
     Di se stesso e d'altrui lento serpeva
     Nelle vene d'Ulisse; e qual si leva
     Da ree paludi accidïosa e tetra
     Nebbia che infosca il sole, occupa l'etra,
     Tale in Ulisse si levava il tedio
     E al cor poneagli ed alla mente assedio.

Spesso, quando stridea più crudo il verno,
     E i dì volgean più torbi, egli al paterno
     Pio focolare, ove di quercia o d'olmo
     Annoso tronco inceneria, nel colmo
     Della notte sedea tacito e solo,
     Guatando come trasognato il volo
     Delle fulve scintille in fosca avvolte
     E densa onda di fumo. Oh, quante volte,
     Fuggendo ogni uom, veduto fu, nell'ora
     Che il giorno manca e il ciel si trascolora,
     Mirar dal ciglio di scoscesa rupe
     L'arroventato sol che nelle cupe