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l’ultimo viaggio di ulisse |
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I portenti e i perigli, e il covo atroce
Di Polifemo, e la bugiarda voce
Delle vaghe sirene, e a parte a parte,
Di Calipso e di Circe i vezzi e l’arte.
Note cose ei narrava, e già da molti
E molt’anni trascorse; eppur con volti
Pallidi d’ansia, e con immote ciglia,
Come fanciulli a cui di meraviglia
Nova sieno cagion le antiche fole,
Bevevan l’onda delle sue parole
Quei prodi: e in cotal guisa a lui d’intorno
Spesso li colse, rinascendo, il giorno.
Ma tranquilli, uniformi, in pace e in gioco
Passar altri quattr’anni: e a poco a poco
D’Ulisse il labbro ammutolì, l’arguto
Riso, onde gli atrii già sonâr, fu muto,
E una torbida nube il guardo acceso,
L’ampia fronte oscurò. Non già che il peso
Ei dell’età sentisse, o di celato
Morbo l’insidia, o di nemico fato
L’ira funesta paventasse e i danni.
Non così salde mai come in quegli anni