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188 II TEMPIO DELL’AMOUR E il tempo ancora quando fu l’amore una fede, Cui davano conforto prodezza e cortesia, E arrise ai fini amanti una speranza pia: Chi bene amasse in terra trovare in ciel mercede. E finalmente il tempo e la leggiadra usanza Delle damine molli, dei cari cicisbei, Quando tra baciamani, cipria, parrucche e nei, Fu l’amore un diporto e una bella creanza. Il povero Cupido sta tutto il giorno al varco, E crescere si sente il dispetto e lo scorno: Dall’ara che lo regge ha un bel guardarsi attorno: Non vede in che far uso dello strale e dell’arco. La gente che talvolta gli passeggia davanti E tutta gente nuova, ch’egli più non conosce; Gente di basso core, gente di carni flosce, Che dell’Amor s’infischia e ride degli amanti. Facce ingrugnate e bieche di quattrinai feroci, Consumati nell’arte di rubar senza scasso, I quali se ne vanno, dopo il lavoro, a spasso, Parte in galera avendo, parte al governo i soci.