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GUERCINO DISEGNATORE


disegni della pinacoteca di brera


due satiri. «È giunto un messer Gio. Francesco da Cento ed è qua per fare certi quadri al signor cardinale arcivescovo e si porta eroicamente» scriveva il 19 luglio 1917 Lodovico Carracci, da Bologna, a don Carlo Ferrante. Il Guercino, allora appena ventiseenne, aveva già eseguito qualche piccolo lavoro nella bottega de' suoi maestri — il mediocre Bartolomeo Bertozzi prima, lo Zagnoni e il Cremonini poi — a Bologna e a Modena. Benchè guercio, per uno spavento fortissimo provato da fanciullo, a quanto raccontano i suoi numerosi biografi, donde venne al Barbieri il nomignolo di Guercino, il giovane autista sentiva così giustamente l'impressione del colore e vedeva tanto incisamente le forme, che salì presto in fama di uno de' più grandi maestri d'Italia. La potente arte di Lodovico Carracci lo attirò a sé da prima: poscia, a Venezia e a Roma, altri maestri e altre tendenze lo soggiogarono. I sovrani d'Inghilterra e di Francia lo sollecitarono ad abbandonare l'Italia, ma egli rifiutò sempre i loro proficui inviti; e se Cristina di Svezia, la bizzarra sovrana, volle conoscere il pittore e l'arte sua, dovette recarsi nel suo studio a Bologna. Nel libro dei conti del pittore, che ci è rimasto, è la prova documentata della prodigiosa attività di questo simpatico maestro «ben volsuto da Principi supremi e stimato da tutti» per dirla col Malvasia, che aggiunge com'egli fosse di «natura piacevole, allegra e di conversazione gustosissima, di applicazione indefessa, sincerissimo, cortesissimo, umile. Diceva ben di tutti: aveva molta buona cognizione d'istorie e di favole, perfettissima intelligenza nel discernere le diverse maniere di pittori».

La Corte di Modena lo richiese spesso di opere, e i documenti, gli inventarii, i ricordi di pitture sue sparse un po' dovunque nelle città e ne' paesi dell'Emilia e di cui il Campori lasciò memoria, rivelano la ricerca incessante, accanita, che si faceva, lui vivente, delle sue opere dai mecenati e da gli stessi istituti religiosi. I celebri affreschi di palazzo Ludovisi, il gran quadro di S. Petronilla a Roma, e il Ripudio di Agar della Pinacoteca di Brera, che destò le lagrime di Byron, accoglieranno anche più fervido omaggio di ammirazione quando sarà del tutto