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252 | ars et labor |
sinchè la luna non fu più che una nuvoletta sfumata e solitaria, presso a stemperarsi nel vuoto. Delle faccie fiere, irte di rughe, si disegnavano qua e là sulla altitudini, occhiando giù a picco nelle ombre cupe ammantate di pino: — delle nudità di roccia accigliate e deserte, su cui il primo spettro di luce accendeva morbidezze e trasparenze di incantesimo. Poscia, lentamente, le rughe si spianarono: — tutte, tutte le cime si accesero innaffiate da una pioggia d'oro, nitide di bronzo su cui sia passato lo spazzolo di metallo, emergenti quali magiche vele percosse dal sole sopra lo specchio del verde, in cui si immergevano le loro radici marmoree. Appena le stratificazioni delle rocce estreme, chiuse pagine di un libro ciclopico aspettante un lettore sovraumano, restavano impassibili e fosche, serrando tra loro i segnacoli vivi dei capitoli scritti dai secoli: — ultimi avanzi di boschi disgregati e scomparsi, vestigia di prati inabissati, rimasti a vivere eternamente solitari su riposi inaccessibili.
Nella luce cinerea in cui ancora stava immerso i rifugio, il pastore andava numerando febbrilmente le sue pecore, chiamandole a raccolta colla voce inquieta di chi paventa dei vuoti irrimediabili. Allorchè tutte le ebbe adunate, e fatto certo che nessuna ne mancava, gettò all'aria un grido vittorioso, come un saluto e duna sfida alla nuova giornata, e si incamminò in testa all'armento, coll'inceder fiero e superbo di un duce che guida alla battaglia il suo esercito.
“Buon viaggio!...„ — disse con un sorriso indefinibile ai due amici, che stavano intabarrati e ghiacci sulla porta a vederlo andar via.
“Anche a voi, galantuomo!...„
“... E ricordatvei... il lupo!...„
Nessuno dei due ebbe fiato di più dire; si scambiarono un lungo sguardo di muta intelligenza, quasi che un gran tormento, col partir di quell'uomo, uscisse loro dall'anima.
Appena giù per la balza, la sua voce intuonò una malinconica canzone.
Non si udiva tutt'intorno che il bollir sordo del terreno calpestato da centinaia di ugne, l'arruffamento dei fianchi lanuti l'uno contro l'altro, nell'incalzar della corsa dietro al passo lanciato del pastore, che pareva invaso da una furia di allontanarsi, come se qualcuno gli stesse alle calcagna per ghermirlo.
Poco appresso, voci e sussurri improvvisamente cessarono, La bionda carovana passò una sella verde, cinta di abeti, e sparve dietro una falda di roccia.
“È andato!...„ —
sospirò il giovine con un profondo accento di gioia: — “Non si vede più... S'è perduto!...„
Ella, che stava cogli occhi fissi, come magnetizzati, verso quel punto, mosse due, tre passi ancora incredula, sotto la stretta di un senso di sgomento invincibile.
“Eccolo, eccolo!...„ — gridò d'un tratto, torcendo altrove la testa con ribrezzo, e rientrando precipitosamente nel rifugio: — “È là ancora!... Non guardarlo, non guardarlo!...„
Su di un culmine, eretta, lampeggiava infatti, in mezzo alle sue pecore, l'alta figura siriaca del pastore.
“... Il lupo!...„ — urlò egli di lassù, con voce stentorea, portandosi alla bocca le due mani ad imbuto: e sventolò alto il cappello nell'aria.
Quella voce volò per la china, rimbalzata dall'eco, scese al rifugio, come un monito di malaugurio, serrando l'anima ai due disgraziato. Ancora si videro le ultime pecore, aggroppate a ridosso del monte, sfollar leste e caute pel sentiero che si inerpicava ai dirupi, sinché la roccia rimase muta, colla sua faccia orba di sfinge, a dominare l'abisso.
“Stavolta è andato davvero!...„ — sorrise rasserenato l'amico: — “non credi?...„
In quel medesimo istante la scaletta scricchiolò:: — delle faccie assonnate ne scesero lentamente, raccogliendosi tristi intorno alla tavola su cui ancora il lume ardeva languendo.
Egli, che stava all'erta, gettò una breve voce d'allarme alla compagna sua, sciogliendosi dal laccio di lei, che gli si era avvinta con tutto l'abbandono d'un sogno rinascente. Un silenzio sinistro incombeva sul triste risveglio: — la piaga segreta delle anime, sopita col silenzio della notte, pareva rinciprignirsi alla luce, e dar sangue nuovo. Nessuno osava di parlare.
“Signori: coraggio!...„ — disse una delle guide, rompendo il ghiaccio: — “una fiammata, un sorso di caffè e di acquavite, e in marcia!...„
Quella voce fu il lampo che illumina la notte. Tutti si scossero, circuendo il fuoco, che scoppiettava allegramente, sorpresi da una eccitazione improvvisa e cruda come l'aria che frizzava.
“Vedono?...,„ — soggiunse: — “ho tenuto parola!... Più bella giornata di sole non torna facilmente!...„
Frattanto, i due portatori erano usciti, e già precedevano lenti per la china, segnando il cammino. Messo il chiavistello all'armadio, la guida spense il lume, inforcò al braccio la picozza, e sospingendoli furi dal campo, disse: — “Signori, andiamo: — il sole monta!...„
Tutti la seguirono macchinalmente, i silenzio, coll'aria sfiaccolata di gente già stanca prima di incamminarsi. Tratto tratto, qualcuno si arrestava, girando gli occhi tristi sulle vette ormai tutte coronate di sole, sotto a cui i dorsi e le vallate si stendevano cupe, lievemente azzurre, impenetrabili allo sguardo. Fasci di luce, simili a dardi di riflettori possenti nascosti tra le gole, attraversavano le nebbie annidate nei seni e nei valloni, ferendole di luminosità intense e brevi, come sferzate di lue meridiana.
Ultimi, e attoniti ancora, procedevano con passo stanco e in sospetto i due amanti: — ella affranta, gli occhi sempre tesi in alto, per una attrazione fatale, verso la balza estrema dov'era scomparso il pastore.
“Ascolta!...,„ — diss'ella d'un tratto, abbandonandosi per la prima volta ad un'ammirazione estatica: — “che silenzio, che pace!...„
Le linee del suo volto parevano ricomporsi gradualmente, colla sua anima, in una calma, in una fiducia rinascente. Dei campai di mandrie mandavano il loro suono calmo e grasso dai sottostanti pascoli insino ad essi: — qua e là dispersi, nel silenzio infinito, voci e canti erravano isolati nella solitudine sconfinata di quel deserto verde. E mano