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IL PASTORE 249

Nessuno ebbe fiato per gridare: rimasero tutti tramortiti, ghiacci, fatti piccoli piccoli dallo spavento, in attesa di una terza e definitiva che li incenerisse tutti quanti.

Solo l'uomo alto, dalla faccia gelida, girava uno sguardo rapido ed inquieto sui compagni, indugiandosi stranamente sulla sua bella moglie, che pareva annientata.

“Non temano„ — disse la guida: — “scherzi della montagna!... Domani avremo una bella giornata! Alle quattro, signori: pronti tutti!... Felice notte....„

E ralloltolatosi nella sua coperta, si buttò lungo e disteso sul fieno, in un canto del capanno, dove i due portatori e l'altra guida già dormivano tranquillamente. Né andò a lungo, che una pesantezza imperiosa di sonno calò a sorprendere di tradimento la compagnia. La stanchezza vinceva la paura. Mentre di fuori imperversava furibonda la bufera, chiusa in mugoli sinistri, senza goccia ancora di pioggia, su per la scaletta a piuoli incominciarono a salire, l'una dietro l'altra, stentatamente, delle figure, che nella penombra del luogo parevano fantasmi; — prima, le due donne, poi l'uomo, come tre anime del purgatorio, in silenzio. Neppure per reggersi pareva rimanesse loro la forza.

Quando fu in alto, la donna bionda, sentimentale, sostò un attimo, volgendo uno sguardo rassegnato e triste ai due che ancora erano fermi davanti al fuoco, nè davano segno di volersene allontanare.

“Luciano!?...„ — disse a suo marito, con tono che tradiva tutto lo strazio di una passione profonda e perduta...

Egli levò gli occhi smarriti con un rapido cenno del capo, ma non si mosse: — rimase rigido e ritto al camino, inchiodatovi dal fascino di colei che, ultima, gli stava vicina tutta frizzante di paura, ma in realtà di segreto piacere.

Quella vicinanza del loro occulto peccato a coloro che ne erano le vittime, acuiva la morbosa tensione delle anime, protese a un tardo istante di furtiva dolcezza. Poscia, tre tonfi di corpi che si abbandonano partirono dal graticcio: — il fruscio di un ravvoltolamento, la inquietudine breve di chi non riesce a trovare subito il riposo sulla ruvidezza di un giaciglio insolito, due o tre sbadigli..., e tutto nel rifugio fu silenzio. Appena l'orologio da montagna, ch'era stato deposto sul tavolo, segnava col suo martellar secco di cuore meccanico, ingrossato dal contatto del legno, l'uggia del tempo torpido ed eterno.

“Dormono!...,„ — sospirò con voce soffocata la donna, serrandosi con una mossa felina al suo compagno, e allacciandogli il collo tra le braccia: — “dormono tutti!...„

E i suoi occhi luccicavano terribilmente di tentazione.

Ma egli rimaneva inerte, in atto d'uomo atterrito dal risorgente capriccio; la improvvisa audacia di lei passava invano sui suoi sensi, accasciati dalla coscienza del pericolo soprastante, come il caldo vento di scirocco passa, prostrandole, sulle erbe verdi del prato.

Dolcemente, ella gli abbandonò allora la testa sul petto, in una furia di parole confuse e rotte, singhiozzate tra il riso e l'affanno, per uno di quei violenti assalti della passione in cui l'incoscienza trionfa.

“Taci,... taci!...„ — sussurrava il giovine, cercandole colle mani febbrili la bocca, per chiudervi dentro la sua imprudenza: — “Non fare pazzie!... Non sciupar tutto... se mi vuoi bene,... se ancora dobbiamo volercene!...„

Ella parve colpita sul viso dal significato di quelle ultime parole: — levò la testa, e stette ad ascoltare, in una trepidazione improvvisa.

Qualcuno si era agitato, su, in alto; ella aveva nelle orecchie il suono di una voce, la ripercussione di colpi secchi battuti contro una porta...

Con una violenta stretta di cuore ella sorse, assalita da una crescente inquietudine:

“Ascolta!...„

“Che cosa?...„

“Qualcuno si sente male... Qualcuno ha chiamato...„

Anch'egli, istintivamente, s'era levato:

“Ti pare!...,„ — disse dopo un istante, per rinfrancarla: — “è la burrasca!...„

La pioggia aveva incominciato infatti a rovesciarsi a torrenti, sferzata dal vento; una tregenda di suoni paurosi, di ululati, di gemiti, di fischi misteriosi, inesplicabili, stringe a le pareti del rifugio, traverso alle cui imposte la folgore si accendeva senza tregua.

“Ascolta, ascolta...„ — ripetè sempre più inquieta la donna.

Due colpi infatti, secchi, recisi, erano stati battuti alla prota; — una voce risoluta e già impaziente chiamava: — “Aprite!... Aprite!...„

“Vedi, se m'ingannavo?...„ — diss'ella: — “Non aprire!...„

Egli stette, contrariato, a riflettere:

“Bisogna aprire!...,„ — soggiunse tosto, in tono deciso: — “il rifugio è di tutti!... Siamo in sei uomini, qua dentro... Non c'è da avere paura!...„ “sono un pastore....„

E, avvicinatosi in punta di piedi alla porta, fece scorrere cautamente il chiavistello.

Fra il barbaglio incessante del lampo, una figura strana e spettrale si disegnò nel vano della porta semiaperta. Intorno a lei, e alle sue spalle, un mare di pecore grondanti e immote, si chiudeva come una siepe vivente, affollando la balza.

Sono un pastore,„ — disse l'uomo, entrano risolutamente e togliendosi dalle spalle un cencio di cappotto inzuppato: — “datemi ricovero: — all'alba mene vado...„

Senz'altro dire, come chi è dimestico del luogo,