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248 ARS ET LABOR

Ma Tonio rideva: — “Che burrasca!... Vattene a intendere di vino, tu, non di tempo!...„

I lumicini non si scorgevano più. Lontano, invece, lungo la stessa linea più bassa, dei fuochi si accendevano a breve distanza l'uno dall'altro. Erano le scolte dei doganieri sul confine.

Tonio s'era fatto buio. Il presagio del compagno incominciava ad inquietarlo.

Infatti, sulle rocce di basalto, la serenità era d'un tratto svanita. Nuvolette bianche o arruffate ne macchiavano le creste, infilandosi tra gli scaglioni e abbarbicandovisi, immote come chiazze. Al di là di quelle cime, un lividore inquieto si stendeva a sprazzi sullo sfondo del cielo: e un rombo quasi impercettibile lo accompagnava, come di un cannone perduto in un lontano abisso.

Anche il piccolo lago si andava scolorando: pareva divenuto di piombo. La luna aveva messo la cuffia, e una peluria bianca e sottile, qual tela di ragno, si effondeva sullo specchio del cielo, raggrinzandolo di picciole rughe, tra cui, tratto tratto, spuntava più affaticato e languido lo scintillar delle due sole stelle.

“Sei persuado?...„ — disse Beppe, in tono di vittoria: — “Se arrivano in tempo a metter le spalle al sicuro è un miracolo!„

La fiamma, levandosi alta sul camino, mandava fuori, per la porta spalancata del ricovero, un guizzo sanguigno, che andava facendosi sempre più intenso per il rapido oscurarsi dell'aria. Entrambi gli uomini ascoltavano profondamente, tendendo l'orecchio, cui non giungeva a intervalli che un sordo muggir di vento, a colpi improvvisi, violenti.

D'un tratto, delle voci lontane arrivarono dalla valle; — i lumicini riapparvero, non più dispersi, ma serrati fra loro, avanzando rapidi, coll'inceder di chi si affanna alla meta.

Ancora una breve attesa, e la brigata spuntò finalmente sugli ultimi scaglioni, salendo a stendo verso la falda a cui stava addossato il rifugio.

Due uomini, tre donne, due guide. — Tonio, che li aspettava, la lanterna levata tra le mani, si fece incontro sollecito, dando il benvenuto.

“Ben arrivati! Hanno fatto felice cammino? Entrino: tutto è pronto!...„

La compagnia appariva lacera e stanca. La fatica di una lunga marcia di dodici ore aveva contraffatto i volti, bruciandoli e squammandoli in modo pietoso. A traverso alla veletta, una delle signore mostrava un magnifico naso paonazzo, e gli occhi gonfi e arrossati, come avessero lungamente pianto.

Tutti entrarono nel rifugio in silenzio, d'umor rancido, in attitudine di gente prostrata da uno sforzo eccessivo. Delle donne, in special modo, la piùi giovine e seducente appariva alquanto abbattuta. Dalle sue gonne brevi, alla foggia di vivandiera, e dalle sue schiniere di ispida lana, da ciociara, uscivano fianchi e garetti che altra volta dovevano essere stati possenti, ma ora mostravano una grande lassitudine di movenze, in contrasto colla loro floridità ancora giovanile.

Più asciutte e scarne le due compagne sue, l'una biondissima, gli occhi azzurri, sentimentale; — neutra l'altra ed incolore, tipo segaligno, nervoso, di zitella invano matura: occhio freddo, profilo duro.

Anche gli uomini, due tipi opposti. L'uno alto, aitante, e biondo: faccia gioconda e sensuale: — chiuso e freddo l'altro: di quelle faccie che pare non possano ridere mai, figura glaciale e immota d'uomo profondamente egoista o infelice, cui nulla scuote né anima.

“Alt!...„ — disse il primo, togliendosi in fretta il sacco dalle spalle, e buttandolo a terra: — “Maledetta la montagna!... Mai sicura!...„

“Come la donna!...„ — sorrise sinistramente il compagno.

Il colpo sordo dei sacchi, gettati l'un dopo l'altro, soffocò il veleno di quella bocca.

Subito, tutti si strinsero intorno al fuoco, che li invitava col suo rosseggiare allegro, investendo del suo calore il ghiaccio delle anime. Ma nessuno trovava nè cercava parole. — Ascoltavano, trepidanti, la burrasca che inesorabilmente avanzava, e si annunziava possente, Guizzi di lampo entravano, saettando, per la porta: e via, per le gole, una fuga di nuvole torve passava rapida, chiudendo in un baratro la sottostante vallata. Lontano dalle rocce dolomitiche, dardeggiate senza tregua dal fulmine, un crepitar sinistro arrivava, un fuoco di fucileria, sotto a cui i massi parevano sgretolarsi, rovinando giù per la china, cupamente.

Ad ogni rombo di tuono, passava nella capanna come un fremito di spavento.

La giovine donna, più che mai, sussultava di un terrore pazzo, urlando disperatamente, gli occhi chiusi e le mani serrata contro le orecchie, per non udire.

Si sarebbe detto che quel tuono ridestasse nell'anima sua l'eco di alcunchè di sopito e dolente, di un rimpianto, di un rimorso.... Certo, ad ogni scoppio della bufera ella appariva stranamente turbata; — i suoi occhi, lucenti di vita e d'amore, si sollevavano fissandosi in quelli dei compagni in uno smanioso e muto interrogare, che svelava una inquietudine profonda e gelosa dell'anima sua. Ma quando si incontravano con quelli dell'uomo biondo, parevano accendersi d'una subita fiamma, in un lungo martirio di desiderio, insaprito dalla presenza di un ostacolo vivente e insuperabile.

D'un tratto, una saetta passò sul capanno, sfiorandolo: — una soffiata di vento, entrando per la gola del focolare, empì di fumo la stanza: — la lanterna, che ardeva sul tavolo, si spense bruscamente, lasciandoli al buio.

L'uomo biondo non ebbe il tempo di accendere un fiammifero,, che si sentì avvinto di tradimento da due braccia tenaci, sotto l'ansia si una bocca che cercava avidamente la sua.

“Sei pazza?!...„ — mormorò egli, svincolandosi da lei con tutta la forza dei suoi muscoli d'acciaio.

Un corpo si sentiva muoversi tasteggiando, nella oscurità; tra il fumo avvolgente, un tenue rossore di fuoco che si rianima usciva dal focolare, rilevando le figure in una luce stanca di crepuscolo.

Poichp Tonio ebbe riaccesa la lanterna, una acclamazione di contento proruppe da ogni bocca; ma fu gioia breve: un'altra saetta, più spaventosa, succedette alla prima, infrangendosi con un colpo terribile, come ad un bersaglio, alla parete rocciosa sovrastante al capanno.