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La sfinge d'Algesiras continua a tormentare tutti gli Edipi degli Osservatorii politici del mondo. Essa non si risolve a troncare la nenia, ormai dafatigante, de' suoi logogrifi. Seguita infatti ad echeggiare, in perfetto contraddittorio, a seconda che il suo ricevitore acustico di vibrazioni sonore, è a Parigi o invece a Berlino, l'eterno ritornello dell'ibis redibis non morieris in bello. Mettendo, o togliendo a piacere una povera virgola, o dopo la seconda, o dopo la terza parola — avrete ottenuto, con altrettanta chiarezza, tanto un significato quanto un altro, diametralmente opposto al primo. Sarà a vostra libera elezione, vuoi il polo: vuoi l'antipodo. La Conferenza che mormora le sue conclusive, poco lungi dalle leggendarie colonne d'Ercole, non ismette di accarezzare il suo bisenso. Tutti gli astronomi e gli astrologi del giornalismo — si trovano alla disperazione. La nuvolaglia più bigia arresta la potenzialità dei loro obbiettivi. Persino il valoroso Barzini è costretto a diluire le proprie induzioni in uno di quei troppo vasti circuiti di incertezza, contro cui protesta anche la telegrafia senza fili del sommo Marconi.

Sulla questione della Polizia europea nello sceriffato Marocchino, la Francia e la Germania, non hanno potuto intendersi. La Germania si ostina nel volerne internazionalizzare l'esercizio, chiamandovi per turno, come ad un giro di bigliardo, le Potenze interessate. A sua volta la Francia, per dimostrare di non polarizzarsi soltanto ad un principi odi autocrazia — ha lasciato intravvedere la concessione d'accettare, insiema alla propria sorveglianza poliziesca, in direttiva dell'Algeria sua — anche quella nelle altre plaghe del Maghreb — dall'amica Spagna. Ma il durissimo timpano dell'orecchio tedesco, rimane ermeticamente insensibile a tale emendamento. E — come Ottone di Banzolle nel suo celebre romanzo, dal titolo monosillabico — risponde: No!

Dopo dunque il primo insuccesso — eccone un altro. Da giorni si lavora dai conferenzieri, per trarre in porto, l'altro e non meno importante postulato: l'organizzazione della Banca Marocchina. Se non che anche su questa strada, l'avanzata procede a passo di formica. Tutti gli studi fatti, gli è come non fossero nemmeno stati compiuti. Nuove correnti si delineano. Nuove opposizioni vengono segnalate. Come un senso di estrema stanchezza, pare occupi e preoccupi tutti gli spiriti. C'è intorno a quei ridotti arropagiti di Algesiras, come un ambiente di convinzione nello insuccesso. Si tira là, per onore di firma: ma non si sa se e quando si finsice. Specialmente si ignora come si finirà. E se dalla Germania insistono le previsioni ottimsite della Norddeutsche Allgemeine Zeitung, della Taglische Remoschan, e della National Zeitung — che in coro assicurano la impossibilità d'una guerra, dipendente dall'esito della conferenza — dalla Francia invece, e particolarmente da Parigi — sia nel Parlamento, sia nella stampa — gli animi da ben altre sensazioni, appaiono commossi ed agitati. Una violenta febbre a 40° e linea, imperversa nell'assemblea, dove il signor Rouvier, compie sforzi prodigiosi per chiudere la bocca ai socialisti ed impedir loro di commettere qualche irreparabile errore, che aggraverebbe ancor più una già così grave condizione di cose. Ed un morbo non meno epilettiforme — pel suo pessimismo — padroneggia, nel quarto d'ora, parecchi grandi ed autorevoli organi della pubblica opinione....

E frattanto — ad Algesiras, la sfinge, raccosciata, immobile sta. E gli Edipi summentovati non sanno più a qual santo votarsi, per travedere almeno un piccolo spiraglio di cielo. E finiscono pere convincersi, che in ultima analisi, la migliore e più tranquilla sapienza politica, + ancora quella dei delegati africani, i quali, in babbuccie gialle ed in candido bournous — s'accontentano di rappresentare la loro parte decorativa: sorridono, bonarii, nei bianchi barboni, e toccandosi e ritoccandosi rapidamente colle palme della destra le fronti ed il petto — vanno monotamente, ripetendo la loro invocazione:

Allah, trull'Allah! Iddio, grande Iddio!

E basta così. [{centrato|⁂}}

La nuova vita parlamentare, cui si appresta ad assistere, il gran popolo del Regno Unito — si può dire il fatto più importante della vita contemporanea inglese. Ma non bisogna credere che le prospettive tutte di questa vita parlamentare siano destinate a quella desolante uniformità grigia, che da secoli e secoli caratterizza lo svolgimento delle forme esplicative del costituzionalismo granbritanno, in azione. Ecco infatti le donne, le donne evolute, le donne — adibite nei tre regni alla effettuazione del gran sogno, intitolato “la mascolinizzazione politica della femina„ — le quali vanno accentuando gagliardamente l'espressione di un loro desideratum, cui qualificano diritto di natura. Esse vogliono, a parità degli uomini, essere ammesse ad assistere liberamente, come spettatrici, ai dibattiti della Camera dei Comuni.

Vediamo un po'. Sino ad oggi, come è noto, esclusivamente alle legittime consorti dei Lords, compete il privilegio di presenziare le sedute del Parlamento, da una tribuna scoperta. Le donne — senza quel titolo e condizione — le donne insomma non della costa principale di Adamo — se vogliano essere ammesse fra il pubblico dei Comuni — debbono rassegnarsi a venir concentrate in una specie di palco, chiuso sul davanti d auna griglia bucherellata, come la grata di un parlatorio monastico. È un coretto che rimonta alla metà del settecento, un reliquoato semiserio contro cui le bionde signore d'Albione vanno rumorosamente protestando.

E le più inferocite sono le spose dei neo-eletti deputati del “Labour Party„. Esse hanno stampato sul Daily Mail che quella loro riserbata non è una tribuna. È un turpe pollaio. Donde non si vede, e dove non si sente. Esse imprecano ad una segregazione forzata che è “il disonore del loro sesso„. Ed invocano un bill di parificazione visuale ed uditiva, coll'altro sesso.

È quindi fuor di dubbio che fra breve, una mozione in questo senso sarà presentata al Parlamento. Ma è altrettanto dubbia l'abolizione della esecrata griglia. Scrisse Ric-