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e sostituito dal grandioso ed elegante Albergo di Londra. I fondaci di Porto e di Pendino sono stati sventrati e non restano più che nelle antiche tele dei pittori impressionisti.

arco di aragona.

E, insieme alle cose, quanti tipi sono anche spariti, a cominciare da Pulcinella. Quando Antonio Petito disparve dalla scena, cadendo come un gladiatore sulla scena stessa, si disse: “Petito è morto; ma Pulcinella non muore mai„. E invece esso è morto davvero. Fin dal giorno che venivano rase al suolo le modeste mura del S. Carlino, era decretata, con la fine del regno, anche quella del sovrano Giuseppe De Martino va ancora ramingo, con la sua mezza maschera nera sul viso, dalla Fenice al Rossini e al teatro Nuovo, cercando di mantenere alto il nome e la tradizione del Pulcinella, ma sotto quella maschera il sorriso ha un senso sforzato di malinconia. Altre figure comiche sono sorte sulle tavole del palcoscenico e hanno fatto dimenticare al popolo l'antica maschera napoletana.

È sparito il cantastorie, che leggeva dal marciapiede al Molo, dinanzi ad una turba attenta e devota, le storie di Rinaldo, di Buovo d'Antona e di Gano di Maganza, con tanta vivezza ed efficacia riprodotte nei mirabili sonetti di Ferdinando Russo.

Nessuno sentirà più il saluto di Rinaldo ai turchi: “Io ve saluto, carugnune belle! — lle dicette Linardo, comme state? — Ve voglio fa magnà vrenna e sciuscelle! — Venitevenne va, gioie d'o frate! — M'avite fatte troppo 'e farenelle! — Pure sotto me site capitate! — Nne voglio fa tammurre e chesti ppelle! — Salutammo fratiè, v'aggio ucucciate! — E rotiandi il bracci con la spata — se mena e capa sotto mmiezo a llore — e n'accedette milla una vutata! — Non v'eri alcuni alla corte di Frangi — ca di costui facesse chiù remmore — terribil spati e più terribil langi|„

I tram elettrici che uniscono Napoli ai paesi vicini hanno messo in fuga i curricoli e gli sciaraballi descritti nelle antiche guide, rozzi e traballanti veicoli, dove si arrampicavano e si pigiavano in un miscuglio variopinto donne e operai, contadini e lavandaie, preti e doganieri.

L'acqua di Serino ha messo in fuga i tromboni degli antichi banchi di acquaioli, quei piccoli monumenti di ottoni scintillanti, di legni dipinti, di limoni fragranti, di bottiglie piene di sciroppi multicolori, fra i quali di dondolavano i due tromboni con la neve, donde il braccio rotondo di una famosa acquaiola versava l'acqua gelata nei bicchieri.

le vacche per la città.

Il teatrino ambulante delle guarattelle, formato da pochi cenci avvolti intorno a quattro pali fissati agli angoli di una vecchia sedia e dove si nasconde il proprietario, impresario e capocomico, per far agire in punta alle dita le sue marionette, non si vede più che assai di rado laggiù alla Marinella, o a Mergellina.

E anche di rado si vede nei vecchi quartieri il franfelliccaro, che impasta ancora sul marmo un-