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di nuovo per salire; ma quando vide che ei non volgeva neppur il capo, si gettò nel canto della carrozza e diede in un dirottissimo pianto.


Ora a chi domandasse quanta parte avesse la gioia dell’aver rifiutato, e quanto il pentimento e il rimorso nel cuore di Emilio, risponderei subito a onor del vero, che la gioia non fu che un lampo, e il rimorso lungo e cocente.

Quel gesto, che il superbo e crudele rifiuto aveva strappato a Noemi, e, con esso, il pensiero delle amarissime lagrime che la povera donna stava forse versando in carrozza... si affacciarono tosto alla mente, e più che alla mente, al cuore di Emilio, e parlarono forte il loro severo e pietoso linguaggio.

Vi fu un momento anzi che il rimorso di quell’amoroso misfatto lo vinse in tal modo, che, quasi per un moto irriflessivo, si diede a correre, sperando di poter raggiungere la carrozza. Ma dati soli tre passi s’avvide che ancorchè l’avesse raggiunta, or non avrebbe potuto più rimediare a nulla.

Allora, piena l’anima di un’amarezza, di un odio di sè stesso e di tutti, fissando in cuore di scrivere il domani a Noemi, prese la strada che conduceva al caffè S. Carlo.

Perchè al caffè S. Carlo e non al Martini, dove era solito recarsi ogni sera, verso la mezzanotte?

Eppure egli non ci aveva nulla a fare al caffè S. Carlo!

Oh il cuore è pure il gran tiranno! e la volontà,