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Noemi, passato il primo periodo — che chiamerei il periodo dei sensi se non ci fosse già un’altra frase ad esprimerlo — s’era accorta quasi con ispavento che l’uomo a cui si era legata per tutta la vita le diventava antipatico. Nè poteva essere altrimenti. Ella era nata per amare e per essere riamata. Quale fosse il carattere di suo marito lo dissi indietro.

Allora era accaduto di lei ciò che accade di tutte le donne oneste nella sua situazione. Aveva chiamato in soccorso tutta la sua virtù, cercando di lottare corpo a corpo coll’avversione che le invadeva il cuore.

Ma suo marito non faceva nulla per ajutarla in quella lotta, tutta a suo vantaggio. Nè, volendo, avrebbe potuto. Era una questione d’età, di educazione e di natura. Il Dal Poggio aveva tutte le qualità d’un buon cittadino, ma gli mancava assolutamente quella di ispirar simpatia ad una donna come Noemi. Era freddo, serio, sterile come la calva cima di un vulcano.

Venne dunque un giorno in cui Noemi, dopo aver cercato per qualche tempo di scacciar da sè quella specie di avversione che si impadroniva del suo animo, capì che la battaglia era superiore alle sue forze, e si sentì mancare ogni coraggio. Allora per la prima volta la vita le parve una cosa inutile e vuota. Le stesse feste, e gli omaggi del mondo, che ammirava la sua splendida bellezza, le vennero a noja. Ogni suo pensiero, ogni suo desiderio si concentrò nella speranza di diventar madre. Era la sola