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verà nel cuore un desiderio fortissimo di conoscere la sciagurata che gli diede la vita per lasciarlo in balìa della fortuna; e forse, perdonandole in cuor suo, capirà che potrebbe amarla ancora, se ella, uscendo a un tratto dal segreto che l’avvolge, gli si presentasse dicendo: io sono tua madre... Ma questo sentimento, che produrrà tutto al più sulla fronte del trovatello una nube di tristezza, non può essere più forte di quello del figlio a cui la madre è morta mentre egli nasceva, e che fu privato per sempre del più dolce e soave amore che sia su questa terra.

No. Ai vaporosi spasimi, all’aria soffrente e rassegnata, alle sentimentali tirate dei figli abbandonati il nostro secolo non crede più.

Ma esso crede però ancora agli inevitabili traviamenti di questi poveri diseredati dalla famiglia, che destinati forse dalla natura ad essere ricchi e felici, furono gettati dall’errore materno nella terribile situazione d’essere figli di nessuno.

Per tornare dunque ad Emilio, debbo dire a suo onore che egli era tutt’altro che un trovatello da romanzo.

Dopo aver meditato sulla propria sorte egli aveva cercato di dimenticare d’aver avuto anch’egli un padre e una madre. La voce del sangue gli diceva d’esser figlio di ricchi, e questo pensiero costante, quantunque non bastasse ad avvelenargli la vita o a turbargli i sonni, aveva avuto però una discreta influenza sul suo carattere e sulla sua esistenza: a