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Ogniqualvolta i suoi compagni lo avevano sorpreso immerso in tetri pensieri, e gliene avevano chiesta la cagione, egli soleva rispondere con qualche frizzo così naturale e spontaneo, che nessuno s’era attentato di toccargliene oltre.

Talvolta, seduto a bivacco, udendo qualche amico parlar di sua madre, il povero fanciullo si facea pallido come un cadavere. Ma, se appena s’accorgeva d’essere osservato, balzando in piedi, come per scuotersi di dosso un molesto pensiero, ridiventava il più allegro e il più spensierato di tutti.

Il suo coraggio, spinto all’audacia, era proverbiale nel battaglione.

Manara avea detto che, se in lui fosse stata uguale la disciplina all’ardimento, sarebbe stato il migliore de’ suoi volontari.

Come desolato sulla terra, egli aveva concentrate tutte le forze affettive dell’anima sua nell’amicizia de’ suoi due compagni d’arme. Fuori di questi, egli pareva non curarsi di persona al mondo: e neppur essi non l’avevano mai veduto scrivere o ricevere lettera, che accennasse ad un legame d’amicizia, di parentela o di amore.

Eppure qualcheduno che pensava a lui c’era a questo mondo.

Ad ogni fin di mese il foriere della compagnia riceveva da Milano un involtino di danaro a lui diretto.

Erano invariabilmente sei napoleoni d’oro.

Per un soldato sei napoleoni d’oro sono una provvidenza.