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Il giovine, spiccato un salto, scese sul cassero e s’allontanò. Dati due passi, i suoi occhi s’incontrarono in quelli del vecchio montato a Intra poco prima, che usciva dal camerino dell’economo, dove era stato a levare i biglietti. Vederlo, stender le braccia con un’esclamazione di gioia, e muovergli incontro frettoloso fu la stessa cosa.

— Voi qui, professore? Caro Bartelloni! Chi mi avrebbe detto?... dopo tanto tempo...!

— Alfredo Gastoni! — sclamò alla sua volta il vecchio dopo averlo riconosciuto.

E si abbracciarono affettuosamente.

— Donde venite? — fu la prima domanda del professore.

— Da Lugano; vale a dire da Parigi dove sono stato due anni; e ora vado dritto in Crimea ad uccidere un po’ di Russi, od a farmi uccidere da essi... Oh ma, — ripigliò tosto con un sorriso — sapete, professore, che io comincio a credere al magnetismo?... Sediamoci qui, caro Bartelloni... Crederete, professore, che poc’anzi, rivedendo dopo due anni quel caro paese là — e additava la sponda lombarda — mi siete venuto in mente anche voi?... Proprio, un’ora fa, a dir molto. Ho pensato a voi, al nostro povero Emilio, a Niso, a Gustavo... a tutti quei poveri miei amici d’un giorno... E la Gigia? Povera ragazza!... così buona! Ma voi forse non l’avete conosciuta la Gigia! E quell’angelo d’una signora che voleva tanto bene al povero Emilio... che venne a trovarlo quel giorno che ci