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Allora il Dal Poggio si mise a raccontargli in pochi tratti la dolorosa istoria: le due visite a Cristina, la rivelazione della Gigia, e sopratutto la tacita confessione di Noemi.

Quel dialogo continuò così un’ora buona. Io però ne farò grazia ai lettori per due grandi ragioni: la prima è che in esso furono ripetute le idee già espresse e accennate indietro, la qual cosa lo renderebbe necessariamente un po’ monotono; la seconda è che ormai la storia ha bisogno d’esser condotta al suo fine con assai rapido corso.

Il fatto è che, dopo aver discusso a lungo, quei due uomini trovarono di essere precisamente ai due poli contrarii; capirono di non poter intendersi su nessun punto, neppur discutendo un altro paio d’ore.

Il nonno, vero uomo di mondo, antico libertino, ed intinto di quella specie di scetticismo e di indulgenza amorosa, che caratterizza gli uomini del secolo scorso, non voleva dare all’errore di Noemi quel peso e quell’importanza che gli attribuiva l’offeso marito.

Così di parola in parola il dialogo s’era mutato in vero diverbio, e il buon vecchio senz’accorgersi aveva prese le parti di Noemi, con quanto sdegno dell’altro, il lettore se lo può figurare. Non la difendeva per ciò che avesse fatto; ma del di lei errore gettava la maggior colpa addosso al marito, che sbuffava di rabbia compressa.

La conclusione del nonno fu poi che il partire