Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/263

Ella si lasciò cadere nella sua sedia, più pallida d’un morto, e così stettero un momento, in uno spaventoso silenzio.

— Jeri sera, — ripigliò il marito — uscendo di qua, vi ho detto che sapevo che cosa mi restasse a fare per iscoprire ciò che vi chiedevo e a cui voi avete risposto con uno scoppio di riso... Non fa bisogno di dirvi che non mi abbisognarono molte ricerche per persuadermi che voi siete... la più impudente e la più infame...

S’arrestò. La vilissima parola che stava per pronunciare e che ognuno avrebbe indovinato dall’indicibile disprezzo ond’era atteggiata la fisonomia di quell’uomo, non fu pronunciata che mentalmente.

Noemi sentì l’atroce insulto e alzati vivamente gli occhi in viso a suo marito, disse con fierezza:

— Emanuele!

Il Dal Poggio, in apparenza calmo, pareva stesse aspettando quella parola.

— È vero; — continuò con crescente disprezzo — voi non siete ormai neppur degna dei miei insulti; vi assicuro, se non si trattasse che della vostra persona, poco o nulla mi importerebbe, perchè ormai io non so nemmeno più che voi esistiate;... ma siccome le leggi non mi permettono di uccidervi, come meritereste, e siccome voi portate sempre il mio nome, così è bene che sappiate che un Emanuele Dal Poggio non può permettere che una donna che porta il suo nome sia una donna perduta. Questa è la sola ragione che mi obbliga a volgervi ancora la