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more di Emilio, che delle sue freddezze. Finchè si era trattato di nascondere le lagrime e la tristezza, le era parso facile cosa; ma ora che si sentiva riamata da lui, ora che avrebbe potuto essere la più felice delle donne, e si vedeva sorgere dinanzi un nuovo e terribile ostacolo nella gelosia di suo marito, provava nell’anima certe fosche tentazioni, che le facevano ribrezzo, e che si sviluppavano, per così dire, dal suo cuore tormentato, come gli acri vapori si elevano dalla velenosa miscela d’un alchimista.

Ormai, pensando a suo marito, la sventurata non sentiva più che ripugnanza e spavento. Queste due sensazioni le si erano accresciute nella misura opposta all’amore che ella portava al suo passionato amante. L’idea che fra poco avrebbe dovuto rivedere quell’uomo grave, orgoglioso, pedante; riudir quella sua voce monotona; ascoltar le sue massime, la sua politica; incontrar il suo sguardo severo e scrutatore... le metteva i brividi, le faceva perdere la testa. Allora tutti i peggiori istinti di quell’anima buona e schietta pareva si dessero la mano per perderla; e le parole di fuga susurratele poco prima all’orecchio da Emilio, le ripicchiavano la memoria con una insistenza fatale. La fantasia, ancora tutta impressionata dalle sue carezze, le porgeva il lato bello e facile di quei progetti, e la ragione istessa trascinata dalla passione le mostrava giusto, e quasi necessario ciò che poco tempo prima le sarebbe parso un delitto, un obbrobrio.