Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/250

— Ebbene ti credo. Ah sarebbe un gran passo! Sento, che non ne avrei il coraggio... Mio Dio! come sono infelice!

E qui, come se fosse spinta a levarsi in piedi da una molla potente, si sciolse dalle braccia del suo amante, guardò un’altra volta l’orologio che le pendeva sul grembo e disse:

— Addio, Emilio, addio; è tardi... oh è troppo tardi...

— Noemi... non partire così... quando ci rivedremo?

Ella s’arrestò colpita da quella frase.

— Quando? Come saperlo? Chissà che cosa mi accade oggi...! Ho un presentimento funesto... Lasciami andare, Emilio... se appena potrò sarò qui... lasciami andare... dammi tu il coraggio di partire.

— Sì... è vero... va... ascolta... io ti aspetterò tutti i giorni dalle due alle cinque... se non puoi venire scrivimi... o scrivi alla Firmiani che ormai sa tutto. Io andrò tutte le sere da tua cugina;... fa in modo insomma di farmi sapere quando ti potrò rivedere;... non lasciarmi in quest’ansia... e pensa a ciò che ti dissi; pensa che io ti amo, ti amo come un pazzo, sono pronto a metter la mia vita per farti felice.

E strettala un’ultima volta al petto... con un lungo, ineffabile... e quasi doloroso bacio... si lasciarono.