Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/247

— Possibile! — sclamò il giovine sempre più sorpreso — Perchè mi parli così adesso? Sei tu che mi dai questi consigli?

Noemi aveva gli occhi pieni di lagrime.

— Che vuoi tu ch’io faccia? Tu non pensi alla mia posizione. Tu non conosci mio marito. Egli è capace di tenermi chiusa nella mia camera un anno intero se venisse a scoprir qualche cosa... È capace di battersi con te a morte... E oggi? che cosa gli risponderò se mi chiede... se sa che sono uscita?... Dio santo! che imprudenza fu la mia!

E su questa frase stettero muti entrambi, per qualche tempo, cogli occhi a terra confusi dal dolore...

— Ma non importa! — sclamò Noemi — Mi uccida... tanto meglio!... finirò di soffrire... finirò di trascinar questa vita odiosa.

— Ma che parole!... C’è un mistero dunque? Che cosa mi nascondi? Perchè parli di vita odiosa?

— Ah tu non puoi farti un’idea della mia vita. Sempre fingere, sempre mentire, sempre tremare. Non puoi immaginarti lo spavento che mi assale mille volte al giorno quando sono in casa, quando sento la voce di mio marito... quando lo vedo... al pensiero d’essere scoperta... e la vergogna che provo in me stessa di non poter essere sincera...

— Povera e cara Noemi! — sclamò Emilio pieno di pietà e di ammirazione — Ed io sciagurato che ti feci patire anch’io!... Ma perchè non mi hai fatto mai parola di queste tue pene?