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da una grande meraviglia d’aver potuto far soffrire così la donna che si sentiva di amar tanto ancora.

La cosa del resto è più che naturale. Libero ormai dai terribili lacci, fra cui da tanto tempo si sentiva costretto; uscito dai frangenti, che gli avevano resa fino allora così piena di angoscie e di sospetti la vita; tranquillo nell’idea di aver fatto nè più nè meno che il proprio dovere di patriota, Emilio si abbandonava di nuovo a tutte le dolcezze del proprio amore... e Noemi tornava ad un tratto, qual era stata nei primi tempi, la regina dei suoi affetti e de’ suoi pensieri.

— Oggi, — diceva, per far tacere quel rimorso — oggi le chiederò perdono in ginocchio, povera Noemi...; cara Noemi!

Nel dir questo nome, stupiva di non aver mai pensato alla sua maravigliosa dolcezza, e trovava un ineffabile piacere a pronunciarlo di nuovo: Noemi, Noemi, Noemi — e lo andava ripetendo a lungo, come se l’avesse udito allora per la prima volta, come se avesse voluto scolpirselo nel cuore.

Al convegno mancavano tre ore. Tre ore! Non gli era accaduto mai di trovar tanto lungo e difficile a passarsi quel breve spazio di tempo. Balzò dal letto, e cominciò a vestirsi adagio, mettendo da parte per quel giorno il pensiero di andar alla banca... e stava ravviandosi i capelli dinanzi allo specchio, quando una scampanellata gli troncò i pensieri amorosi nel capo, e gli fece in piccolo quell’effetto, che — dicono — dovranno far le trombe