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E non appena l’uscio della bettola si fu chiuso dietro a colui, che avventarsi contro la ragazza e scrosciar la tempesta fu un punto solo.

La Pendolina si curvò sotto i pugni senza far atto di difesa o di dolore. Si sarebbe anzi detto che un sorriso di intima soddisfazione le avesse allegrata la faccia al cominciare di quella dirotta. Ma come poi Fanfirla seguitava con una certa insistenza indiscreta, la ragazza pensò di spiegar anch’essa le unghie e, alzate le mani, lo graffiò sul viso.

A quel segno di rivolta il monello perdette il lume degli occhi.

— Ah sì?! — gridò ferocemente — piglia, piglia, piglia, infame, strega, assassina...

E le appoggiò tre pugni così sodi nel mezzo del seno, che la poverina con un rantolo soffocato andò a stramazzare in terra a qualche passo da lui.


Mentre Fanfirla picchiava così, il coro aveva proseguito a cantare lento, intuonato, come se nulla fosse: i giuocatori non avevano neppure voltato il capo, e le compagne, fatto circolo intorno ai litiganti, si tenevano le costole dal ridere.

Quando però videro cadere la compagna, le furono intorno pietose a soccorrerla, non senza dar sulla voce a Fanfirla. Il quale, colla testa alta, lo sguardo sicuro, come se avesse fatto una prodezza, tornò a sedersi presso i giuocatori di morra.

Lisandro, che in quel punto era muto, voltosi a lui: