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— Chi gli apostoli?
— Sì.
— Eh sa bene, i soliti. C’è lo Spadon dei dodici...
— Paolino?
— Sì; poi c’è il Disma e il Michele colle rispettive smilze; — e s’accarezzò il mento — poi c’è il Gabiola e due altri del Borgo che lei non conosce.
— Se l’avessi saputo... — sclamò Emilio, quasi fra sè, attorcigliandosi i mustacchi colla sinistra.
— Ah! c’è anche il Fanfirla che mi scordavo; — interruppe Lisandro che stava contando i suoi compagni sulle dita — e pago io.
Così dicendo aprì le braccia in atto di chi offre, e soggiunse:
— Se posso? da povero figliolo.
— Vestito così, no; — rispose Emilio sotto voce — darei troppo nell’occhio; ma giacchè mi hai detto che c’è Paolino, ci verrò, perchè debbo parlargli.
— A proposito; — sclamò Lisandro con mistero — è già una settimana che egli aspetta vossignoria per aver ordini, e che si meraviglia di non vederla venire.
— Si meravigli pure; io faccio quello che mi par meglio, e non sta da lui il giudicarmi.
— Ma la pensi che siamo sotto sotto...
— Sotto a che cosa?
— Ah! lei vuol farmi l’indiano adesso, caro signore; non va bene.
— Ti prego a credere, — proruppe Emilio aspramente, ma senza alzar la voce — ti prego a credere