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nel cuore, purch’ella sappia strapparmi un: “come è bella!„ dalle labbra?

Benediciamo adunque la finzione — da quella del poeta, che colla splendida fantasia ci crea dinanzi un mondo ideale — fino a quella di una moglie colpevole, che nell’accento della propria voce sa trovare la sicurezza dell’innocenza, per acquietare le furie di un marito geloso.


Noemi, come tutte le creature che temono e soffrono, aveva acquistato di fronte a suo marito una lucidità di intuizione quasi magnetica, che, anche in mezzo al suo sgomento, le faceva misurare il pericolo con sicurezza. Quanto più ella se lo esagerava colla trepida fantasia finchè era lontano, tanto più si trovava preparata ad evitarlo, o a combatterlo, quando le si fosse presentato.

Povera Noemi! Chi avrebbe mai detto a lei così ingenua e sincera che sarebbe venuto un tempo in cui le sarebbe toccato di mentire? E come altrimenti? Una terribile necessità la costringeva. La verità non sarebbe stata un suicidio sulle sue labbra? Disse bene chi paragonò la vita ad una bottoniera: a chi sbaglia il primo occhiello conviene sbagliarli tutti. E del resto ha poi tanta colpa la donna d’essere finta, quando lo è? Non vive essa continuamente in un’atmosfera di pregiudizii, di false convenienze, e di ipocrisie? Quante volte la madre non ripete a sua figlia che per saper vivere bisogna nascondere le più ingenue emozioni; dissi-