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— Quand’io lo conobbi la prima volta, correva rigido il gennaio del mille ottocento quarantasette; ei se ne stava sdraiato, avvolto nel suo plaid a scaccato bianco e nero, e leggeva la Bibbia del Diodati... Mi par ancora di vederlo!

Abitava in Santa Radegonda una stanza, dove regnava un freddo moscovita; e un Reaumur, che pendeva da un chiodino infisso nella intelaiatura dei cristalli, mi fece l’effetto come di un’ironia: segnava un grado sotto lo zero.

Eppure nella stanza c’era il caminetto, e la cassa era piena di legna; ma Temistocle lo aveva acceso quando il freddo era sopportabile, poi si era dimenticato anche di aver freddo, e alla lettera si gelava.

Nel suo genere quella stanza era un vero modello. Tu Niso che ti sei messo ad avere qualche cosa a suo posto, non puoi credere come fosse quella stanza. La gretta mobiglia e gli sgraziati addobbi del riaffittatore sparivano, per così dire, nello spaventevole disordine delle robe di Temistocle; non un filo a suo luogo; si avrebbe anzi detto che in un eccesso di furore ei le avesse sbalestrate pei quattro angoli; tra le altre cose un solino da collo, caduto in bilico sul capo d’una statuetta di Masaniello che chiama il popolo alla riscossa, mi fe’ sorridere entrando.

Io era andato da lui per affari di caricature. Allora stavo per fondare un giornale umoristico: stemmo un paio d’ore a colloquio, poi uscimmo insieme a far colezione.