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Così l’orgia del discorrere cresceva, cresceva, col crescere dei fumi del vino che rendeva già tutti brilli quei tredici scapigliati. V’era nei loro discorsi, nei gesti, negli occhi un crepuscolo di ubbriachezza. E l’orgoglio, il proverbiale orgoglio dei giovani della loro tempra, levava fiera la testa sulle altre passioni.

Udite:

— Chi nominò la compagnia brusca? — gridava Niso — Nessuno conosce la nostra potenza.

— E la vostra bolletta; — sclamò la Teresa.

— La bolletta non è che un effetto naturale della potenza. Tanto è vero che tutte le potenze sono in bolletta.

— Questo è un paradosso.

— No, no, ascoltatemi...

— Zitto, silenzio... abbasso là... ascoltiamo papà Niso che parla.

— Sapete voi, — disse Niso — sapete voi perchè gli imbecilli hanno sempre a questo mondo maggiori vantaggi che gli uomini di talento come noi?

— E crepi la modestia! — gridò la Teresa.

— Sapete voi perchè un asino che fallisce trova mille che gli prestano denaro, mentre un nostro pari che muore di appetito non trova un cane che gli paghi da pranzo?

— Io comincerei a non accettarlo; — notò Emilio.

— Perchè proteggendo un asino quei mille si sentono superiori, mentre pagando da pranzo ad un uomo di talento non si sentirebbero neppur uguali.

— Ma noi rovesceremo il mondo, — gridò Gustavo — e muteremo la società dal sotto in su.