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Lo sventurato non sapeva quale tremenda sciagura gli stavano preparando le frivole ragioni!


Emilio entrò dunque in caffè S. Carlo, e il suo viso era così tetro e stravolto dall’interna lotta, che il fattorino gli chiese se si sentisse male.

In quel punto l’amarezza dell’anima sua era giunta all’estremo, e il rimorso al punto di maggiore incandescenza.

Emilio, seguendo la sua natura violenta, cominciava a sentir nelle mani il bisogno di una lotta fisica, che nell’emozione del combattimento gli facesse sfogare il suo corruccio...

La sua natura potente, ma un po’ materialista, come quella di noi tutti figli del nostro secolo, non sapeva concentrarsi in sè stessa per istudiare le fasi di un dolore che ha sempre la sua voluttà per chi vuol trarne ammaestramento per l’avvenire. Sentiva invece un gran bisogno di espandere fisicamente la sua bile... e cercava una vittima.

E la vittima non si fece lungamente aspettare.

Entrato a caso nella sala posteriore del caffè, vide un suo amico — un altro dei sette — che stava altercando con due ignobili ceffi, di quei passeggiatori di notte, la cui vita giornaliera comincia coll’accendersi del gas e termina coll’apparir del sole...; specie di nottole umane, campioni della vita scioperata e viziosa, che sarebbero stati usurai se avessero avuto denaro da dar a un povero figlio di famiglia, barattieri sempre, quando potevan tro-