Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/101

— Stolto! — gli gridava da un lato la voce del criterio — Se tu avessi avuto bisogno di andare al caffè S. Carlo, la carrozza di Noemi vi ti avrebbe condotto ugualmente!

— Ma; — replicava quella dell’amor proprio — Noemi avrebbe dovuto allungar la sua strada, il che sarebbe stato un incomodo ch’io non voleva darle.

— Ipocrita! — tornava a gridar la ragione — Incomodo per chi? pel cocchiere? pei cavalli forse? Tu avevi pur veduto che Noemi bruciava di far pace con te, e che lo stesso invito era già una caparra di perdono e quasi di pentimento.

Ripeto — forse a qualche lettore, tutto ciò parrà ben frivolo e puerile.

Mi duole assai di non essere del suo parere. Nulla v’ha di frivolo nello studio dei moti del cuore. Se la povera Noemi — per esempio — avesse raccontato a suo marito — l’uomo grave — per quali ragioni ella si fosse innamorata di Emilio, l’uomo grave le avrebbe trovate assai frivole quelle ragioni; se ella avesse detto: una sera... trascurata, incompresa da te, venne un giovane, il quale, col più gran rispetto del mondo, mi seppe dire di qual colore fossero i nastri d’un mio cappello, e dello stivaletto, che calzava il mio piede tre anni prima... ed io, senza avvedermi, sentii accendermi a poco poco per lui di una fatale passione... — l’uomo grave — che non soleva dar importanza che ai prezzi di Borsa e alla quistione d’Oriente, avrebbe crollate le spalle con noncuranza...